Roma-Liverpool, derby di Boston: detta così, suona decisamente strana. Eppure, quella che andrà in scena stasera ad Anfield Road e tra una settimana all’Olimpico sarà una sfida alla statunitense, tra due proprietà che arrivano entrambe dal Massachusetts.
Da lì arriva infatti non solo James Pallotta ma anche John William Henry, ovverosia il proprietario del Liverpool. “È il derby di Boston, il proprietario è John Henry, un ragazzo di Boston”, spiega Pallotta. E proprio da Henry è arrivata una delle tante telefonate di complimenti dopo il 3-0 al Barcellona, chiamata a cui però il numero 1 della Roma non ha potuto rispondere: «Forse ero dentro la fontana» di piazza del Popolo in cui si è tuffato per festeggiare.
Il Massachusetts sullo sfondo, quindi. I due si conoscono da anni, condividono la passione per lo sport, prima negli Usa poi in Europa: Henry è anche il proprietario dei Boston Red Sox, una delle storiche franchigie della MLB (la lega di baseball), mentre Pallotta possiede una quota di minoranza dei Boston Celtics in NBA (il campionato di basket).
Una amicizia che sarebbe potuta diventare una partnership, nel mondo dello sport. Inizialmente infatti i due facevano parte di due cordate rivali per acquistare i Boston Red Sox nei primi anni 2000: ad aggiudicarseli fu la cordata di Henry. Ma Pallotta non aveva lasciato da parte l’intenzione di entrare nella franchigia: il piano era di affiancarsi ad Henry e, forte anche dalla partecipazione azionaria nei Boston Celtics, unire le due società dal punto di vista televisivo in un unico canale. Un piano che Pallotta non ha portato fino in fondo, non avendo voluto lasciare la cordata di cui faceva parte. “Avrei dovuto farlo. Sarebbe stato divertent “, ha detto Pallotta, come riportato dal Wall Street Journal. “I fan dei Red Sox sono fortunati che Henry e il suo gruppo l’abbiano preso al posto mio. Quello che hanno fatto quei ragazzi è stato incredibile”.
Pallotta, in effetti, non ha tutti i torti. Utilizzando il metodo statistico reso famoso dal libro (e dal film) “Moneyball”, Henry è riuscito a sconfiggere la la “maledizione del bambino”, portando i Red Sox nel 2004 a vincere le World Series 86 anni dopo la cessione di Babe Ruth (che lanciò la maledizione), ripetendosi poi nel 2007 e nel 2013. E Pallotta era a St. Louis, come tifoso, il giorno della quarta vittoria nelle World Series contro i Cardinals.
I collegamenti con Boston sull’asse Roma-Liverpool però non si fermano qui. Perché, racconta il Times, ai tempi in cui era concentrato solo sugli hedge fund, Pallotta avrebbe sfidato su un campo da basket Michael Gordon, che è il presidente del Fenway Sports Group (FSG), ovverosia la holding con cui Henry possiede il Liverpool ma anche i Red Sox. E poi c’è Thomas DiBenedetto che è stato il primo a rilevare la Roma da Unicredit, lasciandola poi nelle mani dello stesso Pallotta.
Dal Massachusetts arriva anche David Ginsberg: ex vicepresidente del Fenway Sports Group, dei Red Sox e del Liverpool, nel 2016 è arrivato a Roma per diventare responsabile del progetto del nuovo stadio giallorosso. È nato in Canada invece Cam Neely ma deve la sua fama ai Boston Bruins, franchigia di hockey: è il quinto miglior marcatore della storia con la maglia dei Bruins, di cui oggi è il presidente, oltre ad essere nel cda della Roma. Stesso ruolo in giallorosso di Mia Hamm, probabilmente la miglior calciatrice statunitense della storia: suo marito, Nomar Garciaperra, è un attuale analista in tv ma soprattutto un ex giocatore di baseball, e tra il 1996 e il 2004 ha vestito, ovviamente, la maglia dei Boston Red Sox.
I collegamenti, insomma, non mancano. Ma la passione per lo sport non è l’unica cosa che accomuna Henry e Pallotta, visto che quella principale sono gli affari. Entrambi sono tra i 50 imprenditori più ricchi del Massachusetts: 11° (con un patrimonio di 2,5 miliardi di dollari) il patron del Liverpool, che di mestiere principale fa (faceva) il trader, 32° quello della Roma, con un patrimonio di un miliardo di dollari grazie ai suoi hedge fund. Soldi che non scenderanno in campo, seppur anche in questo campo i Reds sono più avanti dei giallorossi, con un fatturato da 424,2 milioni di euro contro i 171,8 dei capitolini.