Premier League, perdite record: i club stanno spendendo troppo

La situazione economica della Premier League inglese, il campionato più ricco del mondo spesso preso ad esempio come eccellenza mondiale, è più complessa di…

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La situazione economica della Premier League inglese, il campionato più ricco del mondo spesso preso ad esempio come eccellenza mondiale, è più complessa di quanto si possa immaginare. Se dal lato dei ricavi, infatti, le performance sono eccellenti, i risultati netti sono di tutt’altro tenore, con ingenti perdite registrate anno dopo anno.

Qualche numero lo fornisce il centro studi inglese Vysyble nel suo report We’re So Rich It’s Unbelievable! The Illusion of Wealth within Football.

I dati raccontano di ricavi cumulati nel periodo 2008 – 2016 pari a 21,4 miliardi di sterline (circa 24 miliardi di euro). Una cifra esorbitante che però non è bastata a generare profitti. Nel periodo di riferimento, infatti, la Premier non è mai riuscita a chiudere un esercizio in positivo, anzi, è stata stimata una perdita cumulata pari a 2 miliardi di sterline (2,24 miliardi di euro).

Chiaramente esiste un problema di costi eccessivi che pregiudicano la profittabilità del campionato.

Per comprendere meglio di cosa si tratti, si è andato a studiare il report UEFA The European Club Footballing Landscape che racchiude un’analisi dettagliata dei ricavi e dei costi di tutti i campionati europei per l’anno 2015.

Come è noto, la Premier League è di gran lunga il campionato con i ricavi più alti.

I club inglesi hanno ricavato nel 2015 – al netto dei ricavi da calciomercato – 4,4 miliardi di euro, poco meno della somma ricavata da quelli tedeschi e spagnoli, rispettivamente secondi e terzi in questa classifica.

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A livello di revenue mix, si può riscontrare come il calcio inglese sia fortemente dipendente dai diritti tv che valgono il 49% dei ricavi totali.

Meno comunque dell’Italia, dove la fetta vale il 63% e i ricavi sono concentrati solo sul mercato domestico. Ipotizzare, quindi, un calo vertiginoso di questa voce è più difficile.

Ciò detto, il campionato tedesco, spagnolo e francese parrebbero essere in una situazione più equilibrata.

Passando ai costi, la prima voce per ammontare sono gli stipendi. Nel 2015 in Premier erano pari a circa 2,7 miliardi di euro, il 61% dei ricavi di quell’esercizio. In termini assoluti la cifra è di gran lunga la più alta in Europa. È più del doppio di quanto spendono i club della Serie A, seconda in questa classifica.

La situazione in termini di percentuale sui ricavi è invece omogenea in tutti i campionati cosiddetti Big Five (Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia) con l’eccezione della Bundesliga in cui la percentuale si ferma al 52%.

stipendi

Ingenti sono anche i costi sostenuti dai club inglesi per i trasferimenti. In questo caso non sono stati reperiti valori aggregati, basti però pensare che nel 2015 la classifica delle venti squadre con costi netti da trasferimento più alti comprendeva ben nove squadre inglesi, di cui cinque tra le prime dieci.

transfer

Per quanto concerne i costi operativi (gestione impianti, gestione commerciale, costo del venduto, ecc.) il massimo campionato inglese è primo per ammontare totale (996 milioni di euro nel 2015) ma ultimo per incidenza sui ricavi tra i cinque tornei principali (23%).

Questa situazione deriva dal fatto che i costi operativi aumentano in caso di stadi di proprietà e strutture commerciali complesse ma, essendo principalmente fissi, incidono meno se si opera su larga scala. La Premier, il campionato europeo col maggior numero di team “globali”, si giova proprio di questa situazione.

costi-operativi

Da ultimo, i costi non operativi della Premier League sono stati pari a 152 milioni di euro (3,5% dei ricavi). Il dato è in linea con la media del calcio europeo (3,6%) e deriva principalmente da costi di finanziamento.

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Riassumendo, la Premier è riuscita a cambiare passo dal punto di vista dei ricavi, proponendo un prodotto estremamente appetibile sia al mercato interno che a quello estero. Gli aumentati ricavi, però, non si sono tradotti in risultati economici positivi, ma in inflazione dei costi, per colpa di una gestione ancora troppo legata agli obiettivi di breve. I fardelli principali sono infatti i livelli di spesa per il calciomercato e gli stipendi dei calciatori.