Professione videogiocatore. Ovvero fare della propria passione una vera e prorpria carriera professionale. Servono talento e applicazione e anche se sarà difficile raggiungere i guadagni annuali del cinese Chen Zhihao (nickname HAO), professionista più pagato al mondo che nel 2015 ha incassato 1,2 milioni di dollari, probabilmente l’onda lunga degli eGames potrebbe presto portare anche in Italia eventi interessanti e d’impatto. Ne scrive oggi Panorama, che riporta tra gli altri alcuni dati interessanti sul fenomeno a livello mondiale.
Nel 2015 gli spettatori complessivi dei tornei di eSports sono stati 134 milioni in tutto il mondo.
15,5 milioni gli spettatori collegati via streaming e paytv per le finali mondiali di League of Legends, disputate allo stadio olimpico di Seoul a fine 2014.
613 milioni di dollari, invece, è il giro d’affari degli eSports nel 2015,(+45 per cento rispetto al 2014). A fine 2016, secondo il Super data esports market report, toccherà il miliardo.
Capita cos’ che Sean Allen, due volte campione mondiale di FIFA della Electronic Arts, londinese di 22 anni, abbia firmato un contratto con il West Ham, la sua squadra del cuore. Presentazione ufficiale, flash dei fotografi, presidente e allenatore che gli porgono la maglia numero 50. Fra le scapole però non c’era scritto il suo nome, ma il suo nickname: Dragoon93.
Il West Ham lo ha ingaggiato come testimonial e dallo scorso anno lo vede esibirsi con indosso i suoi colori e manovrando virtualmente la sua squadra. Prima di Sean ci sono stati i campioncini tedeschi Benedikt Salzer e Daniel Fink ingaggiati dal Wolfsburg.
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La prima squadra di calcio a mettere sotto contratto un gamer professionista potrebbe essere la Sampdoria, che ha avviato contatti con Mattia Guarracino alias Lonewolf92, sei volte campione italiano di Fifa e medaglia di bronzo agli ultimi Europei di categoria.
FIFA e PES al momento risultano essere i più gettonati tra gli eSports (davanti a Madden, Football americano).
In Italia il fenomeno è solo agli esordi, ma in Asia e Stati Uniti, dove ha cominciato a diffondersi nella seconda metà degli anni Duemila, è considerato l’erede del wrestling: riempie i palazzetti, mette in palio montepremi milionari, conquista le pay tv ed eccita i brand che hanno come target i giovanissimi.
Su tutti Sony e Microsoft, che con Playstation e XBox si dividono quasi equamente il mercato dell’hardware un po’ come avviene fra Adidas e Nike per l’equipaggiamento sportivo.
E poi abbigliamento tecnico, bevande energetiche (l’unico stimolante consentito, visto che i player professionisti vengono sottoposti ai test antidoping prima di ogni torneo), compagnie telefoniche, software house e accordi con il network televisivo statunitense Espn e le società di ticketing.
In Italia l’associazione Gec (Giochi elettronici competitivi) è affiliata al Coni e schiera allenatori, mental coach, regolamenti a tutela dei minori. Non mancano né i fuoriclasse né il pubblico. Alla Snai, una delle principali società nostrane di betting, hanno fiutato il vento e aperto le scommesse sugli eSports, con un pacchetto di puntate disponibile dal mese scorso 24 ore su 24, visto che i tornei più seguiti si disputano in Asia, e la promessa di allargare ulteriormente il bacino offrendo anche lo streaming live degli eventi.