Il Milan ha segnato il primo gol, ma la partita per lo stadio è appena cominciata. Alla fine la deciderà un arbitro: il consiglio comunale di Milano. Sarà il “parlamentino” di Palazzo Marino a dire se la famiglia Berlusconi potrà costruire lo stadio sognato da Barbara nel cuore della città. Un impianto da 300 milioni di euro che dovrebbe garantire al club entrate “tra i 50 e gli 80 ogni anno”, spera la dirigenza. Per portare la discussione nell’aula di Piazza della Scala potrebbero volerci dei mesi. E ad oggi l’ok definitivo della città appare tutt’altro che scontato.
Sembra passato un secolo da quando il sindaco Giuliano Pisapia e il suo vice Ada De Cesaris (assessore all’Urbanistica) immaginavano pubblicamente uno stadio rossonero “aperto alla città, al quartiere, alla zona, di giorno e di notte”, “una spinta verso il futuro e per lo sport”. Ora regna la prudenza su un progetto che al Comune nessuno dice di aver visto, “a parte qualche render sui giornali”. Le elezioni comunali della primavera 2016 incombono. Lo stadio del Portello sarà uno dei temi della prossima campagna elettorale. E chi sarà chiamato ad approvarlo rischia di pagarne il conto nell’urna, dove il voto dei cittadini contrari al progetto milanista potrebbe pesare.
Ad oggi il “sogno di Barbara” – per quel che se ne sa, cioè poco – presenta ancora diversi punti critici. Li ha raccontati a Calcio&Finanza l’ingegner Alda Damiani, membro direttivo del comitato “No Stadio al Portello”, una delle voci più forti della protesta contro l’impianto montata negli ultimi mesi e destinata a crescere dopo la decisione della Fondazione Fiera. Rappresenta “più di 1500 firme di persone che abitano nel quartiere e anche oltre” e che raccontano il piano rossonero come “una totale mancanza di rispetto della qualità della vita dei cittadini”. I motivi sono vari, e riguardano soprattutto “gli impatti ingestibili che avrebbe uno stadio messo lì, al posto del padiglione della Fiera”.
C’è il problema del rumore, che il Milan “promette di contenere, ma nessuno ci crede perché è impossibile”. C’è la questione della sicurezza, “perché intorno a quell’impianto non ci sarebbe nemmeno lo spazio per le camionette della polizia. E non basta uno stadio nuovo per educare i tifosi”, afferma Damiani ricordando con dispiacere l’ultima visita degli ultras del Saint-Etienne a Milano. Ma il più critico sarebbe la viabilità della zona: “L’area disponibile è grande 250 metri per 200, l’equivalente di 5 ettari: è minuscola. Tutto intorno ci sono vie ad alto scorrimento, soprattutto Via Scarampo, arteria d’accesso alla città. Da lì si prende l’autostrada Milano Laghi. E’ già iper congestionata così, s’immagina cosa diventerebbe? Un inferno”. Per non parlare della svalutazione delle case di chi ha comprato anni fa “basandosi su render, e ora si ritroverebbe ad affacciarsi su uno stadio”.
Il comitato lo chiama “lo stadio avvelenato”, gli ha dedicato (a lui e al vicesindaco De Cesaris) anche una canzoncina per sensibilizzare la cittadinanza. “Speravamo che la Fondazione Fiera votasse con buonsenso, invece ha prevalso il solito favore fatto agli amici”. Cioè a Berlusconi. Il presidente dell’ente, Benito Benedini, nominato due anni fa da Maroni, poche ore prima della decisione della Fiera (dicono i rumors) si sarebbe visto con il governatore della Regione, il quale fino a Natale era contrario al progetto del Portello: “Lo voleva sulle aree di Expo, ma poi – sottolinea la portavoce del comitato – ha magicamente cambiato idea. Chissà perché”.
E gli abitanti del Portello (“dall’altra sera ricevo migliaia di mail: non ci credeva nessuno che potessero approvare un progetto simile”), che in meno di 3 km si troverebbero a convivere con Palalido, Vigorelli, Ippodromo e due stadi da calcio, si chiedono come la Fondazione abbia preferito a Milano Alta di Vitali, un progetto che secondo loro “riqualificava davvero la zona”, lo stadio rossonero: “La manifestazione d’intenti parlava di “rifunzionalizzazione” del padiglione, invece abbatteranno un edificio di neanche 20 anni (inaugurato nel 1997, ndr) che varrà almeno 60 milioni di euro. Un’operazione apparentemente senza senso”.
Ora la decisione è nelle mani del consiglio comunale. I rossoneri confidano che alla fine il progetto superi anche l’ultimo ostacolo e vada in porto. Il comitato, che ha manifestato davanti a Palazzo Marino e a Casa Milan, non ripone grosse speranze nell’amministrazione: “Questa giunta vuole ammazzarci. Di De Cesaris e Bisconti (l’assessora allo sport, ndr) non ci fidiamo più”. Può contare invece sulle spaccature interne al centrosinistra: alcuni proseguono sulla via dell’ottimismo e del “no ai pregiudizi”, altri (sia Pd che Sel) hanno espresso più di una perplessità. L’ultima arriva da Anita Sonego, capogruppo di Sinistra per Pisapia: “Sono allibita di fronte alla decisione della Fiera. Ma il consiglio comunale boccerà questo progetto – dice sicura – perché il suo compito è quello di preservare i cittadini”. Milanisti o meno.