Stadi inglesi, i grandi club già al lavoro sugli impianti 3.0

Londra, Liverpool e Manchester. Nelle maggiori città inglesi gli stadi sono al centro di numerosi programmi di espansione della capienza o addirittura di costruzione da zero. In questo quadro almeno…

Nuovo-stadio-Tottenham

Londra, Liverpool e Manchester. Nelle maggiori città inglesi gli stadi sono al centro di numerosi programmi di espansione della capienza o addirittura di costruzione da zero. In questo quadro almeno una cosa consola: anche fuori dall’Italia gli stadi conoscono iter procedurali non sempre velocissimi.

Mentre l’Italia discute su come rinnovare stadi che nelle migliori situazioni sono stati ristrutturati l’ultima volta per Italia ’90, i sudditi di Sua Maestà si apprestano nei prossimi cinque anni a salutare una nuova generazione di stadi oltremanica.

La prima risaliva al dopoguerra, la seconda è nata a fine anni ’80 dopo Hillsbourough, anche se simbolicamente l’era può essere collegata al 1988 quando lo Scunthorpe United si trasferì nel nuovo stadio: prima società a farlo dal 1955.

Ma mentre da noi si comincia solo ora a parlare di stadi di proprietà, nel resto d’Europa il problema è superato e la tematica attuale è per lo più legata a come massimizzare i ricavi offrendo il giusto mix di spettacolo sportivo, intrattenimento e servizi commerciali e di ristorazione ai tifosi.

Premettendo un fatto: la proprietà dell’impianto in Inghilterra non è mai stata un problema, anzi, la mentalità del club anglosassone è assolutamente legata alla proprietà del proprio impianto, anche se come vedremo ci sono storie curiose legate ai vari club.

Le due questioni centrali nel tempo sono state legate alla sicurezza ed alla capienza. A inizio anni ’90 venne imposto (in seguito alla strage di Hillsbourogh) di realizzare stadi con soli posti seduti. Oggi il problema è quello degli adeguamenti di cui si diceva sopra.

Certamente il nuovo accordo televisivo per la Premier (che garantirà 150 milioni di sterline come minimo stagionale) darà un forte impulso e una decisa accelerazione a molti progetti, soprattutto delle società di medie dimensioni in grado di programmare una presenza costante in Premier.

LONDRA. Molte società della capitale inglese stanno programmando il futuro. Vediamo le principali.

Emirates. L’Arsenal non ha problemi il nuovissimo Emirates inaugurato nel 2006 soddisfa le esigenze del club più caro (in termini di costo dei biglietti) della Premier. Ha stupito piuttosto il pagamento di tutta l’operazione con molti anni di anticipo rispetto ai piani finanziari iniziali.

White Hart Lane. Il Tottenham dopo aver discusso a lungo sul da farsi (ristrutturare o costruire a nuovo) ha deciso forse la via più complicata: ricostruire White Hart Lane sulle ceneri del vecchio impianto (in copertina il render di come sarà). Questo significherà una stagione da giocare altrove: diversi stadi inglesi sono stati sondati e tra le candidate c’era Wembley (l’impianto nazionale ha bisogno di nuovi introiti perché ha costi altissimi e le sole partite della nazionale, le finali di coppa e dei playoff di fine stagione non bastano). Ora il club ha un obiettivo: avere un nuovo impianto nell’estate 2017.

Upton Park. Ormai all’abbandono da parte del West Ham che in due diversi momenti nel 2011 e nel 2012 si è aggiudicato l’utilizzo futuro del nuovo stadio Olimpico realizzato per Londra 2012. La seconda aggiudicazione fu necessaria in seguito al ricorso di Tottenham e Leyton Orient contro la prima decisione.

Stamford bridge. Ultimo ma non ultimo accenniamo allo stadio del Chelsea, indicato fra tutti gli stadi inglesi come modello anche dalla Juventus per bocca di Andrea Agnelli. Sin dall’arrivo di Abramovich il club ha valutato se portare la capienza a 50 mila posti.

Negli anni scorsi numerosi rumor indicavano che Roman Abramovich aveva un piano per spostare la casa del Chelsea, Stamford Bridge è incuneato tra le case e non ha più spazio intorno, in un’altra zone del West End di Londra. Questo comunque non è mai avvenuto e appare improbabile che capiterà in futuro. Infatti una curiosità interessante che riguarda il Chelsea è che i naming right del club e il possesso del terreno su cui sorge Stamford Bridge fa capo a “Chelsea Pitch Owners plc”, una società non profit che, curiosità tra le curiosità, è presieduta dal capitano John Terry. E in questo quadro una tra le condizioni per l’utilizzo del nome Chelsea da parte della società guidata da Abramovich vi è che la prima squadra giochi le partite casalinghe nello Stamford Bridge. Insomma un trasferimento in un altro impianto o in uno nuovo potrebbe costare ad Abramovich l’uso del nome Chelsea, una perdita in termini di brand, storia e marketing incommensurabile

Facile immaginare che i tifosi,  azionisti di Chelsea pitch owner, e la vecchia proprietà abbiano voluto tutelarsi al momento dell’arrivo del russo garantendosi così il futuro all’identità del club a prescindere da cosa avrebbe fatto Abramovich.

Al momento Stamford Bridge conta 41.837 posti a sedere e benchè un aumento di capienza sia auspicato il club ha affermato che non esiste un piano d’azione

MANCHESTER. Espansione per il City, progetti faraonici per lo United.

Etihad. Iniziamo smentendo un luogo comune: non tutti gli stadi inglesi sono di proprietà. L’Etihad (ex City of Manchester stadium) non è di proprietà del City ma del Comune di Manchester che lo costruì per i Giochi del Commonwealth nel 2002. Il City è l’operatore accreditato e paga un affitto annuale lasciando che il Comune d’estate disponga di alcune date per organizzare concerti. Al momento la struttura è in fase di espansione e verrà portata a 54 mila posti entro la propria stagione.

Inaugurato nel 2001 per i giochi del Commonwealth 2002 partì con una capienza di 41 mila posti. Il City lo gestisce e ci gioca dal 2004 (prima dell’arrivo degli sceicchi) e da allora ha adattato la capienza alle sue esigenze. L’Uefa due anni fa lo ha omologato per 45.500 posti ed è stimato che per i concerti possa contenere fino a 60 mila persone. In pratica in 15 anni l’Etihad stadium è stato quasi sempre un cantiere aperto.

Old Trafford: l’ultima espansione è datata 2007 ed ha portato all’attuale capienza di 76 mila posti: è il più grande tra gli stadi inglesi della Premier. Alcuni piani parlano di un progetto nel cassetto per crescere fino a 96 mila posti, il che non sembra esagerato visto che per una partita qualsiasi dello United si pagano dalle 50 sterline in su, partendo dalle 120 per gare di cartello. La proposta – non di imminente realizzazione – riguarda la realizzazione di un terzo piano nella South Stand. Il malcelato obiettivo campanilistico sarebbe quello di realizzare a Manchester uno stadio più grande di Wembley.

LIVERPOOL. Entrambe le squadre – Liverpool ed Everton – sono al centro di grandi cambiamenti.

Anfield. Se gli stadi inglesi hanno un mito su tutti questo è Anfield. Nonostante questo da quasi venti anni si discute sull’ipotesi di un addio ad Anfield. Ad aprile dello scorso anno la società ha firmato un accordo con il Comune di Liverpool e con Your Housing Group per sviluppare il quartiere di Anfield dove sorge lo stadio. Un piano da 260 milioni di euro in cui rientra anche l’espansione della Main stand che verrà aumentata di 8.250 posti (i lavori sono attualmente in corso) per portare il vecchio Anfield Road stadium ad una capacità di 58.000 posti seduti.

Goodison. Il primo piano di costruzione del nuovo stadio dell’Everton a Kirkby risale al 1996. Si consolino i tifosi italiani, anche dove la burocrazia non è invasiva come da noi i tempi non sono sempre strettissimi. Il piano dopo l’approvazione del comune di Kirkby nel 2008 venne rigettato dal segretariato di stato nel 2009. Goodison Park conta 40 mila spettatori fin dal 1994 e la società punta decisamente a costruire un nuovo impianto. Le ultime notizie sono del settembre 2014 e parlano di uno spostamento a Walton Hall Park, poco lontano dal vecchio impianto.